Il Rif. Lagazuoi e le sue immediate vicinanze:
Dalla stazione d’arrivo della funivia si raggiunge in pochi minuti il Rif. Lagazuoi, m 2750. Da qui un eccellente panorama sul teatro delle battaglie fra le Tofane, sul Castelletto, nella Val Travenanzes, sul gruppo di Fanes, sul Sasso di Stria fino al Sief, al Col di Lana e alla Marmolada. Guardando al di sotto dalla terrazza del rifugio stesso, si possono distinguere nettamente gli ingressi delle caverne, il cratere della mina italiana dell’anticima, del percorso storico del Lagazuoi. Sotto il rifugio i resti di baracche e trincee austriache. Dal rifugio, su un sentiero ben protetto, si raggiunge la Croce dei Piccolo Lagazuoi, m 2778; 15 20 min.
Percorso storico della galleria del Lagazuoi:
„La Galleria dei Lagazuoi“ oggigiorno è, nel suo genere, la più lunga fra quelle conservate. La galleria italiana, lunga m 1100, è stata totalmente ripristinata e munita di scalette e corda in acciaio. L’escursione scendendo per la galleria non solo rappresenta un’esperienza eccezionale per le sue particolari caratteristiche, ma offre anche una sintesi immediata delle difficoltà estreme in cui operarono i soldati di entrambi gli eserciti.
Il percorso storico è raggiungibile risalendo dal passo Falzarego con la funivia, (3 minuti) per poi scendere lungo la galleria costruita dagli Italiani. (un ora e mezza circa). Oppure salendo a piedi lungo la galleria fino a raggiungere il Rif. Lagazuoi. (Per chi è pratico di montagna la salita comporta il tempo dalle 2 alle 3 ore) Per la visita alla galleria è necessario essere pratici di montagna, ha la pendenza in certi punti del 40%. Dal Passo Falzarego (2117 mt) al rif. Lagazuoi (2752) c’è un dislivello di 635 metri.
Attenzione:
Sovente arrivano persone al museo di guerra “Tre Sassi” convinti che il pagamento della funivia del Lagazuoi comprenda la visita gratuita all’interno del museo stesso. Chiunque fornisca questo genere d’ informazioni è in errore. Il museo all’aperto del Lagazuoi è un percorso storico gratuito. Siamo due enti indipendenti l’uno dall’altro. (funivia Lagazuoi e Museo di guerra “Tre Sassi”.
Il percorso storico del Lagazuoi:
nella discesa bisogna avere gambe robuste, nella salita buoni polmoni e non essere sovrappeso.
Si sconsiglia portare bambini sotto i 12 anni, e per chi soffre di vertigini.
Per chi non è esperto si consiglia di farsi accompagnare da una guida alpina autorizzata.
Il percorso in discesa inizia vicino all’arrivo della funivia, con un sentiero attrezzato, fino a raggiungere la galleria, all’interno ci sono dei gradini di legno bagnati e scivolosi.
Bisogna essere muniti di torcia elettrica, caschetto, cordino con moschettone, calzature e abbigliamento d’alta montagna. Il percorso non è a pagamento. L’attrezzatura si può affittare al punto informativo alla partenza della funivia. E informarsi sulle condizioni della galleria.
Il percorso storico è visitabile da giugno ad ottobre. L’apertura invernale delle gallerie non è possibile, a causa della neve che ostruisce gli ingressi e dal gelo che si forma all’interno.
Dalla terrazza della funivia, seguendo un percorso attrezzato in cengia, percorrendo un sentiero in 5 min., si arriva alla galleria. All’interno si scende, prestando attenzione a dove si mettono i piedi, su scalette di legno, agganciarsi con il moschettone e cordino alla corda in acciaio. Si scende per 1100 m lungo la galleria.
Le numerose feritoie non solo offrono un meraviglioso spettacolo ma anche un immediato panorama della Cengia Martini, strenuamente contesa. Dopo ca. 45 min. un’ora di cammino si arriva all’uscita della galleria ai piedi della parete. da qui si può visitare la cengia Martini, (a destra un ora circa) o scendere a sinistra su un altro pezzo di cengia, (attenzione punto esposto) fino a raggiungere il sentiero che con circa una altra ora raggiunge il Falzarego.
Per chi non vuole avventurarsi in galleria, c’è un percorso alternativo all’aperto.
Rif. Lagazuoi Forc. Lagazuoi Passo Falzarego
Durata: Ore 2.30
Il sentiero N° 401, debitamente segnato, porta rapidamente dal rifugio alla Forc. Lagazuoi, m 2571. Lungo la pista di sci. A destra e a sinistra, ovunque tracce di trincee austriache. La maggior parte distrutte per la costruzione della pista da sci negli anni 80. A destra la postazione avanzata, denominata anche Punta Berrino. Mentre sotto le barriere paravalange c’è la postazione di prima linea austriaca detta „prua della nave“ Percorrendo sentieri militari lungo il crinale in direzione dei Lagazuoi Grande, si può proseguire facilmente per Val Travenanzes, (401) Lagazuoi Grande, Col dei Boss e Castelletto (402). Per tutto il tratto: interessanti resti di avamposti austriaci con baracche, caverne e sentieri.
Proseguendo per il passo Falzarego, dalla Forc. Lagazuoi (prua della nave) si continua scendendo lungo il sentiero N° 402, che, passando sotto le linee austriache avanzate, porta rapidamente alla Forc. Travenanzes, m 2507. Da forcella, seguendo ora il sentiero N° 402, lungo il sentiero o la pista da sci si arriva al Passo Falzarego.
Percorso storico di Cengia Martini
Dal passo Falzarego: Per chi vuole visitare la Cengia Martini. Salendo lentamente lungo i numerosi resti di baracche e attraversando un ripido canalone ghiaioso si raggiunge l’inizio della galleria del Lagazuoi che un tempo assicurava un accesso coperto alla Cengia Martini. Qui sbocca anche la galleria, delle mine, per la quale si può salire direttamente in cima. All’ingresso della galleria, di base si prosegue attraversando una cengia e, aggirato un promontorio, ci si trova nuovamente sul sentiero militare italiano che porta alla Cengia Martini, la quale, con caverne, baracche e resti di blocchi in cemento, costituisce una delle più interessanti postazioni della guerra d’alta montagna. Dopo un altro attraversamento di un ripido burrone si arriva all’estesa postazione degli Alpini, nei mezzo di una cengia 45 min. (Cautela! L’intero pendio è ricoperto di sabbia, sassi e ruderi).
Il ritorno migliore avviene ripercorrendo il sentiero no. 402, coi quale si arriva rapidamente al Falzarego.
Dal passo Falzarego da sinistra a destra si nota prima il Sass de Stria, il passo di Valparola, il Lagazuoi piccolo 2778 m, a destra il Lagazuoi Grande, ancora a destra la cima Falzarego. Il territorio ricorda la cruenta lotta che si combatteva fra gli eserciti austroungarico e italiano dal maggio 1915 al novembre 1917.
L’esercito austriaco, già all’inizio della guerra occuparono queste vette. Ottimo sbarramento per fronteggiare eventuali assalti Italiani. Dall’alto il dominio era migliore e con pochi uomini, tiratori scelti, potevano difendere il loro amato Tirolo. A Ovest alle pendici del Lagazuoi, la linea di difesa scendeva alle pendici fino a occupare il passo di Valparola e salire fino alla cima del Sass de Stria. Il Lagazuoi piccolo era costantemente bombardato dalle artiglierie del Regio Esercito Italiano, appostate sui monti di fronte. Monte Pore, Col Gallina, Averau, 5 torri.
Nel 1915 le postazioni austriache sul Sasso di Stria e attorno al forte Tra i Sassi si stavano preparando nuove difficoltà: gli Alpini tra le pareti del Lagazuoi. A metà parete infatti corre una cengia, chiamata „Cengia Martini“ dal nome dei comandante degli Alpini. L’inizio di questa cengia si trova nel pressi dei burrone che separa la vetta dalla sommità che si estende verso occidente. I due capi della cengia si allargano in forma di terrazzi; la parte più stretta si trova al centro.
Le cime del Lagazuoi Grande e Piccolo erano in mano degli Austriaci sin dall’inizio della guerra. Una notte (19 ottobre del 1915) Alpini del Btg. Val Chisone, agli ordini del Magg. Ettore Martini, affrontarono la scalata della parete. Si trincerarono alla meglio dietro i massi della cengia e dietro i parapetti costruiti in tutta fretta con delle pietre. Direttamente sopra di loro c’erano gli avamposti del Lagazuoi e al di sotto, tra il Lagazuoi e il Sasso di Stria, si trovava la postazione di valle. Dall’alto della cengia gli Alpini causarono alla guarnigione austriaca sottostante più perdite di quante ne avesse subite prima con l’assalto di interi battaglioni. I tiratori scelti e le mitragliatrici bersagliavano giorno e notte le postazioni in basso, mentre gli strapiombi del Lagazuoi proteggevano gli Alpini dagli assalti diretti da parte delle postazioni di vetta austriache.
Un torrione roccioso (Sasso della Nebbia), alto m 30 e largo m 18 venne trasformato in una serie di caverne sovrapposte, collegate da cunicoli e dotato di mitragliatrici e di un cannone da montagna. Anche il «Sasso Tatuato» con le sue numerose feritoie rappresentò un efficiente caposaldo della postazione sulla cengia. La prima pattuglia, annidata nella parete, era frattanto cresciuta di numero fino a diventare una compagnia ben agguerrita.
Contemporaneamente ai lavori di ampliamento gli Italiani si portarono sempre più in alto lungo la parete arrivando con i loro avamposti a non più di 40 m sotto la postazione di vetta austriaca. Scalette opportunamente sistemate stabilivano il raccordo tra gli avamposti e la cengia.
Il 17 dicembre 1915 avvenne il primo grande attacco austriaco contro la Cengia Martini!. Il fuoco dell’artiglieria fu di una violenza impressionante. Tre guide alpine austriache si calarono dalla vetta con le corde fino a raggiungere una buona visuale sulla postazione della Cengía. Mentre questi, pendendo nel vuoto e sotto il fuoco della fanteria e della artiglieria italiane, dirigevano i tiri dell’artiglieria austriaca, una pattuglia di scalatori scelti aveva incominciato a colpire con bombe a mano, da punti accuratamente studiati in precedenza, la postazione della cengia, Ma la tranquillità tra le truppe austriache nel fondovalle non durò a lungo perchè gli Alpini ripresero ben presto a colpirle dall’alto della cengia. Proprio sull’orlo della cresta dei Lagazuoi c’era un masso roccioso; gli Austriaci lo minarono con kg 300 di esplosivo. La notte di S. Silvestro, nel primi minuti del 1916, avvenne l’accensione. La forte esplosione lo fece rotolare su se stesso; poi precipitò direttamente sulla cengia trascinando con sé un’enorme frana di sassi. Ma proprio nel giorno di Capodanno la guarnigione austriaca del forte „Tre Sassi“ dovette registrare i primi caduti dell’anno nuovo, colpiti dal fuoco del tiratori scelti della cengia.
Nemmeno due settimane dopo il comandante austriaco ordinò un nuovo attacco. Tutti i mezzi a disposizione furono convogliati nella zona. Contro la cengia furono puntati dei pesanti lanciamine. Le raffiche di mitra provenienti dal Sasso di Stria costrinsero gli Alpini a ritirarsi nelle caverne. L’artiglieria cominciò a bersagliare la cengia con bombe, mentre alcune pattuglie nascoste tra le pareti scagliavano bombe a mano contro le sentinelle. Non appena il combattimento si affievolì, gli Alpini passarono al contrattacco e la postazione fu salvata. Ora il Cap. Eymuth, comandante dei forte „Tre Sassi“, pensò di tentare l’ultima carta: far saltare la cengia con una carica di esplosivo. Nel luglio 1916 iniziarono i lavori di perforazione diretti dal Ten. Jakobczak. Gli italiani ne intuirono ben presto i propositi e ricorsero a contromisure. Grazie alle loro modernissime perforatrici annullarono ben presto il vantaggio degli Austriaci e approntarono due gallerie, una sopra e l’altra sotto quella austriaca. Mentre fuori la lotta infuriava, all’interno della montagna i soldati s’avvicinavano sempre di più al nemico invisibile. I lavori venivano interrotti brevemente a scadenze fisse. Irrigiditi alla parete, con l’orecchio teso, gli uomini ascoltavano il ritmo cadenzato dei picconi sempre più vicini. Gli Zappatori austriaci scavarono poi una galleria trasversale alle cui estremità collocarono due potenti cariche di esplosivo. Le perforatrici italiane erano ormai vicine. Il 14 gennaio 1917 avvenne l’esplosione. Un denso fumo usciva dall’interno della galleria italiana.
La galleria austriaca principale contava 180 cm di altezza, 80 cm di larghezza e progrediva al ritmo di 75 cm al giorno. Finalmente arrivò anche una perforatrice elettrica con due martelli pneumatici che permetterono di accelerare i lavori (m 1,75 al giorno). Il motore favorì anche una più rapida areazione della galleria, la quale a lavori ultimati raggiunse la lunghezza di 93 m, La camera di scoppio aveva una capienza di 58 m3. Nonostante il disturbo da parte dell’artiglieria italiana e del fasci luminosi dei riflettori che illuminavano costantemente a giorno gli accessi, per sei notti le colonne di portatori percorsero il sentiero esposto fino alla galleria, trasportandovi 1003 casse con 24.000 kg di esplosivo. Per escludere ogni possibilità di una mancata accensione della mina, furono sistemate due micce con detonatore e due congegni ad accensione elettrica. L’isolamento della camera contava una lunghezza di 37 m. La quantità di materiale usato era pari al carico di 7 vagoni ferroviari. Il 20 maggio 1917 tutto era pronto per l’operazione.
Per l’esplosione si attese il momento in cui la guarnigione italiana della cengia fosse al completo. Il 22 maggio si diede fuoco alla miccia. Una volta che la grande nube di fumo si fu dissolta, al posto delle numerose torri rocciose e delle postazioni, sulla cengia si notò un’ampia spaccatura nelle pareti della montagna. La mina l’aveva distrutta per una lunghezza di 200 m e una larghezza di 136 m. Si calcola che siano saltati ben 130.000 M3 di roccia.
Ma gli Italiani rimasero padroni della cengia. Il Magg. Martini aveva fatto in tempo a ritirare le truppe e poco dopo l’esplosione gli Alpini erano già al lavoro per ricostruire le postazioni.
Dalla primavera del 1917 erano sempre più frequenti i sintomi di un’operazione analoga da parte italiana contro la sommità antistante al Lagazuoi (m 2668) l’anticima. Sotto la guida degli ingegneri Malvezzi e Cadorin, ormai famosi per l’impresa del Castelletto, la galleria aveva già raggiunto 1 km di lunghezza. Visto che gli Austriaci si erano messi a scavare un’anti galleria, si dovette anticipare la data dell’esplosione. Ora la galleria contava m 1100 di lunghezza; la camera fu stipata con una carica di kg 33.000 di esplosivo. Il comandante austriaco, Cap. Raschin, informato tramite l’intercettazione di segnati e le comunicazioni di un disertore, ricorse rapidamente a contromisure. La postazione in pericolo venne totalmente abbandonata. Tutti i pezzi dell’artiglieria furono puntati sulla sommità. Un cannone fu piazzato sul versante meridionale del Lagazuoi Grande onde poter colpire da distanza ravvicinata la suddetta sommità. La sera del 20 giugno del 1917 avvenne l’esplosione. Gli Italiani occuparono la zona attorno al cratere, ma subirono perdite ingenti da parte del fuoco concentrato dell’artiglieria austriaca.
La guerra delle mine, attorno al Lagazuoi non accennò a cessare perché gli Italiani miravano ad arrivare sotto gli avamposti austriaci del Lagazuoi Piccolo. Il comando austriaco preparò una mina che aveva per obiettivo soprattutto il «Sasso Tatuato». Da ambo le parti si procedeva alacremente alla sistemazione di nuove mine. Ben presto ci fu l’esplosione di una mina. Il Cap. Raschin perlustrò assieme al Ten. Jakobczak le pareti rocciose per cercare nuove vie onde portare a termine gli assalti. Trovarono nella parete una fessura particolarmente adatta per sistemarvi una carica di esplosivo; bastava allontanare i detriti senza ricorrere a sparì. Questo faceva sperare che gli Italiani non avrebbero capito le loro intenzioni. Per mimetizzare i suoi piani il Cap. Raschin richiese dell’esplosivo senza specificarne lo scopo. Sistemò così nella spaccatura una carica di kg 4000 di esplosivo; la mina era proprio sopra la postazione italiana della Cengia Martini.
Il 16 giugno 1917, alle ore 10 si fece brillare la mina. L’esplosione riversò sulla cengia una frana di 5000 M3 di materiale roccioso.
2020 Ⓒ Museo della Grande Guerra "Tre Sassi" Cortina d'Ampezzo